
ACCIDIA . Monológos
Lavoravo per la produttività, incrementavo… incrementavo…
In 12 Giugno 2017 da Fabio MuzzioLa classe operaia va in paradiso è il classico esempio di titolo di un film che con il passare del tempo entra nell’immaginario comune e nel linguaggio giornalistico con un significato differente dall’originale. Quante volte è capitato di sentire, a proposito di una squadra di seconda o terza fascia che ottiene un risultato a sorpresa se non la vittoria parziale o finale, che è una classe operaia che va in paradiso? Nel film Palma d’oro a Cannes del 1972, scritto da Ugo Pirro, girato da Elio Petri e interpretato da uno straordinario Gian Maria Volonté, troviamo ben poco paradiso e molta alienazione. La pellicola, accolta tiepidamente dalla classe politica di Sinistra, criticato dal Sindacato, nel film dipinto come inconcludente nei risultati e spesso allineato con i “padroni”, e non certo tenera con gli studenti che a partire dal 1968 si erano ritagliati il ruolo di nuovi intellettuali che fuori dalle fabbriche parlavano di rivoluzione e proletariato (“e a casa avevano il Maggiolini”, per citare un mio caro Professore), racconta la parabola personale di Ludovico Massa detto Lulù (Volontè, appunto). Da operaio cottimista e instancabile avrà in un incidente che lo priverà del dito di una mano finito in un ingranaggio il momento di rottura con i ritmi della fabbrica. Il monologo è nel momento in cui Lulù inizia il percorso di contestazione.
Lo studente lì fuori mi ha detto che noi entriamo qui dentro di giorno quando è buio e usciamo di sera quando è buio: ma che vita è la nostra…
Il tema del lavoro e delle condizioni rimangono molto attuali nelle sue logiche, nei tempi e nello sfruttamento: la rincorsa alla produzione a basso costo per massimizzare il profitto con la necessità di uscire dall’indigenza, si materializzano spesso in condizioni di lavoro difficili e quasi sempre precarie.
Già che ci siamo, perché non lo raddoppiamo questo cottimo, eh? Così lavoriamo anche alla domenica, magari veniamo qui dentro anche alla notte e magari portiamo dentro anche i bambini, le donne… I bambini li sbattiamo sotto a lavorare, le donne ci sbattono a noi un panino in bocca e noi via che andiamo avanti senza staccare…
… lavoravo per la produttività, incrementavo… incrementavo… e adesso cosa sono diventato? Una bestia.
Ripensando ai nostri tempi, quelli della globalizzazione, del prodotto a basso costo, dei contratti precari, delle finte partite IVA, di chi si trova a svolgere più lavori durante la giornata per raggiungere un reddito minimo, lo sfruttamento e l’alienazione non sembrano di certo scomparse. Il finto stage, l’alta qualifica richiesta ma non riconosciuta economicamente, le forte disparità di retribuzione tra i sessi sono una condizione che potremmo definire purtroppo naturale. Con questo non diciamo che si debba arrivare allo sfogo duro, amaro, di ribellione estrema di Lulù che alla fine tornerà suoi propri passi:
… e chi non lascia il lavoro, subito, adesso, è un crumiro, è un facia de merda
ci verrebbe però da dire che gli operai oggi non sono più alla catena di montaggio, grazie ai padri che hanno sperato per loro figli un futuro differente. Verrebbe da chiederci cosa siano diventati però quei figli di operai e dove siano finiti gli allora studenti/intellettuali…
Gian Maria Volontè - La classe operaia va in paradiso
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