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E più non chiedere
In 10 Dicembre 2019 da Diego BelloChe dovrebbero fare ebete calvo?
Tu che ammicchi ogni sera con sorrisi
di supponenza da schermi sbiaditi.
Starsene a cuccia sotto i tronchi aridi
su cui siede il tuo culo di carogna?
Vuoi che dicano il senso, che si schierino
per poi contaminare il loro alito
con la peste del tuo e vomitare
sordide calunnie da bocca sterile?
Non hai capito? O l’hai capito bene?
Vogliono te, vogliono farti a pezzi
e seppellire i brandelli nel freddo
della terra scavata dai tuoi artigli!
E più non chiedere, servo di Satana!
Non ci troviamo nel V canto dell’Inferno, all’ingresso del secondo cerchio, dove Virgilio intima il silenzio a Minosse, “quel conoscitor delle peccata”, anche se, come in quel posto “d’ogni luce muto”, si sentono i venti furibondi molestare e sbatacchiare le anime dei dannati. Ci troviamo invece qui, ne “l’inferno che abitiamo tutti i giorni”, nelle città non più invisibili, così ricolme di miasmi, su questa terra martoriata, maltrattata, imputridita dalla corruzione di una generazione che ha divorato tutto, senza remore, e ora non può che essere condannata almeno a tacere.
La generazione che per non soffrire ha scelto quella che Italo Calvino indicava come la strada più facile: “accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più.”
Una nuova generazione ci aiuterà ad imboccare la strada più difficile e rischiosa, quella che
“esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.”