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Berlino e l’amour
In 8 Gennaio 2024 da Debora BorgognoniL’amour toujour. O: el amor, siempre. A proposito, è stato molto bello vedere una serie tv tutta parlata con le due lingue di mia competenza e studio: lo spagnolo, lingua ufficiale e di produzione, e il francese, lingua prestata per l’ambientazione nella meravigliosa Parigi (anche se in alcuni passaggi sembra una ville lumière ricostruita attraverso la scenografia, cosa che però non è, perché le riprese sono state davvero realizzate tra Parigi e Madrid).
Conosciamo tutti, ormai, La casa de papel, la mitica saga di ladri ideata da Álex Pina, da cui emerge un professore nerd, mente delle rapine più sagaci e pericolose di Spagna, che ci ha tenuto compagnia su Netflix dal 2017 al 2021. Berlino, all’anagrafe Andrés de Fonollosa, è il fratello del Professore, e muore già alla fine della prima stagione. Il suo personaggio, spietato al punto di far dubitare agli sceneggiatori in una sua legittimazione a vivere, risulta in realtà il più amato dal pubblico. A volte certe cose, pur studiandole per anni a tavolino, ti travolgono e non te le spieghi. Ecco che si è dovuto correre ai ripari, creando analessi e prolessi intorno a lui.
Ed è vero, Andrés è maledettamente complesso eppure immediato, arriva dritto al cuore, te lo manda un attimo in fibrillazione e poi ci gioca col sorriso. È psicologicamente solido, nonostante un innato sadismo, e sa dedicarsi al superfluo con l’ingenuità di un bambino.
E così siamo a Parigi, quale città più azzeccata per il suo contraddittorio spirito romantico! E dico romantico non come sinonimo di sentimentale, o non solo, almeno. Lo dico all’interno del paradigma letterario, culturale, filosofico del romanticismo, che delinea il primo individualismo intimo come priorità dell’essere umano, in una sorta di esclusivismo quasi religioso.
BERLINO (2023) | Trailer italiano della serie spin-off de La casa di Carta
Amore e denaro, un colpo da quarantaquattro milioni di dollari alla casa d’aste più importante di Parigi e una donna sconosciuta, imprevedibile, che gioca alla vita, che vive un gioco: Berlino sceglie entrambi, non può farne a meno, anche quando tutto va al contrario rispetto ai suoi piani, e il suo fascino infallibile, così come il suo istinto, lo lasciano a brancolare nel vuoto.
Lo spin-off e prequel de La casa di carta ha la freschezza e la leggerezza di otto episodi che proseguono fluidi, immersi nella vita e senza morte, questa volta. Qua e là, qualche momento di crudeltà alla Berlino (devo ammettere che quando ho visto Bruce –Joel Sánchez– obbligato a bere, un bicchiere dopo l’altro, un intero magnum, ho abbandonato il desiderio di Champagne per almeno cinque minuti abbondanti…), qualche perdonabilissima spavalderia (vieta a Roi –Julio Peña-, suo fedele allievo, di amare Cameron –Begoña Vargas-, salvo poi confidargli passo passo la sua storia, estremamente rischiosa per la buona riuscita del piano, con Camille -Samantha Siqueiros-, la moglie del direttore della casa d’aste, l’uomo che sarà rapinato e incriminato dalla banda), espressioni d’arte e di amore senza paragoni (meraviglioso il duetto con Damian -Tristán Ulloa-, sulle note di Felicità di Albano).
Ne avevamo bisogno.
In fondo, c’è sempre bisogno di un po’ di amore e di una buona dose di Parigi, soprattutto se a consegnarceli è quel fascinoso genio del male di nome Berlino.
(ADV)
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