GOLA . RicetteColte
I rigatoni con la pajata per Olimpia
In 13 Febbraio 2019 da Fabio MuzzioPerché la gola è anche un po’ merda (de vitella)
Non si può dire che Alberto Sordi non fosse pienamente in parte, anzi crediamo che nessuno meglio di lui avrebbe potuto interpretare il Marchese Onofrio Del Grillo. Mario Monicelli nel 1981 realizza, con la complicità di un Albertone in grande spolvero, un ritratto della Roma in piena rivoluzione napoleonica emblematica avvisaglia del cambiamento dei tempi in atto nel 1809. Lo stesso Marchese lo dice alla madre: “Non siamo più nel Medioevo”: la nobiltà, seppur conservi ricchezze e status, sta andando in pezzi, un po’ come le sedie che Onofrio spacca per il camino in una delle sue tante proprietà. Libertino, propenso allo scherzo cattivo che toccherà il punto più alto con il carbonaro sua goccia d’acqua Gasparino (lo stesso Sordi), Onofrio è totalmente disinteressato a chi cura gli interessi della sua famiglia nella cui gestione lucra per il proprio tornaconto. Gasparino, invece, seppur troppo incline al vino della taverna conosce la fatica, la povertà e aggiungerei l’infelicità, e i conti li sa fare e scopre subito la disonestà che circonda il casato.
Onofrio ha il merito di portarci nella Roma di Papa Pio VII, un meraviglioso Paolo Stoppa, raccontandone vizi e virtù, i privilegi e le miserie, sempre in compagnia del fedele Ricciò complice e tuttofare. L’incontro con l’attrice Olimpia, interpretata da Caroline Berg, diventa l’occasione per tentare di sganciarsi da una famiglia ingombrante e bigotta, sorella e cognato compresi (Marina Confalone e Cochi Ponzoni) ma anche per ricordarci la spettacolarizzazione della pena di morte per don Bastiano (Flavio Bucci), ex prete diventato brigante per aiutare i poveri e che prima del taglio della testa arringa la folla (video spesso condiviso anche nei Social un po’ decontestualizzato). La ghigliottina la rischia pure Onofrio assente quando i francesi entrano in Vaticano ma Pio VII finirà ancora una volta per perdonarlo. Questa pellicola la conoscerete sicuramente e per questo non indugiamo oltre se non ricordando la colonna sonora di Nicola Piovani e che la ricetta, i rigatoni con la pajata, sono ordinati per l’ospite francese. Onofrio prima lascerà assaggiare il piatto davvero particolare all’amica, poi le confesserà di cosa si tratta “È merda, merda de vitella”.
Ingredienti per 4 persone:
- Pagliata di vitello 1 kg
- Rigatoni 600 g
- Passata di pomodoro 700 ml
- Cipolla 1
- Sedano 1 gambo
- Lardo 50 g (oppure Olio EVO)
- Prezzemolo 1 rametto
- Aglio
- Sale e pepe
Procedimento:
L’intestino tenue del vitellino da latte (pagliata) o pajata in romanesco è l’ingrediente alla base di questo piatto davvero particolare e non adatta a tutti i palati. In particolare viene utilizzato il secondo tratto, quello definito “digiuno”, l’intestino infatti seppur lavato deve conservare il chilo, il liquido lattiginoso dal sapore acre e così caratterizzante.
L’altra caratteristica è il fatto di essere una parte poco pregiata e quindi più alla portata dei ceti più poveri. Se ti vuoi cimentare e hai acquistato (o meglio trovato) la parte protagonista della ricetta la devi tagliare in strisce di 20/30 cm che legherai per farle diventare rondelle. Taglia la cipolla, il prezzemolo, l’aglio e il sedano che aggiungerai al lardo che avrai iniziato a sciogliere in un tegame (in alternativa puoi utilizzare l’olio extravergine di oliva). Metti la pajata a soffriggere e sfuma con il vino bianco. Aggiusta di sale e di pepe. Quando il vino sarà evaporato aggiungi il pomodoro e fai cuocere il tutto per almeno un’ora e mezza a fuoco basso. Nel caso il pomodoro si asciughi aggiungi un po’ d’acqua. Prepara i rigatoni e condisci con il sugo ottenuto appoggiando sulla pasta qualche rondella di pagliata. Non ti resta che versare nei piatti con una spolverata di pecorino romano. La ricetta prevede alcune varianti, come l’aggiunta di una carota nel soffritto, di qualche chiodo di garofano, di un rametto di rosmarino o di un po’ di peperoncino, per cui lascio alla tua fantasia se aggiungere o meno altri ingredienti.
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Dovrò, assolutamente dovrò trovare la “pajata”. Non sarà facile (a Bologna), ma dovrò riuscirci.
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