
DiarioXY . LUSSURIA
La polvere sotto il tappeto
In 24 Marzo 2018 da Chiara MenardoIl polpastrello formicola appena sfiorando il bordo fresco della tazza, ancora e ancora. Fisso senza vederlo il parco fuori dalla finestra chiusa, oltre le tende. Ancora, rotondo, ancora, leggero, ancora, il vapore sale e scalda la pelle del polso. Ancora, il nulla e poi la striscia sottile di porcellana e poi di nuovo il nulla. Ancora, in cerchi sempre uguali. Ancora, mentre il tè si fredda, mentre guardo la sera che scende. E non la vedo.
Tra gli spifferi e il fuoco, tra quello che mi passa sotto gli occhi inermi e tutto quello che so, tra la speranza e il dolore rotondo che è stato e quello che sicuramente sarà.
Senza altra arma se non l’attesa, rovescio il caffè nelle tazze di porcellana e chiedo “una zolletta o due, Vostra Grazia?”
Le tende pesanti e il bosco. Le stanze arieggiate e gli angoli chiusi. Il pianoforte in salotto e le grida nell’ala ovest. Il francese bambino e i grugniti. I disegni a carboncino e i bicchieri di gin buttati giù di nascosto per scacciare la disperazione.
La polvere sotto il tappeto e le gemme che spuntano, deboli e verdi, dai rami degli alberi.
Venite, signori, accomodatevi nei grandi saloni pieni di luce, dove ogni cosa è al suo posto, lucida e fresca come l’acqua che corre laggiù, nel torrente. Venite, signori, come se questa casa fosse la vostra ma solo fin lì, fino a dove c’è luce. Non apritela voi, quella porta sbarrata, lasciatela chiusa, lasciateci le nostre urla segrete e andate a ballare, a cantare canzoni leggere, andate nel parco a giocare a croquet.
E voi, ragazzina con gli abiti scuri e quel volto un po’ spento e severo, correte lontana finché siete in tempo, volate leggera come una gazza oltre le torri di questa grande casa, volate oltre il bosco di faggi, volate oltre il fiume e arrivate al mare, oltre il mare, volate ovunque vogliate ma lontano da qui.
Troppo grande è il buio che avvolge la casa e il padrone, troppo forti le urla, troppo nero il sacrificio nascosto e l’inganno. Troppo per tutti, troppo per voi, è troppo per ingoiarlo con una tazza di tè e dei biscotti.
Eppure vi vedo: siete due stelle che si girano intorno e non riescono ad arrestare la corsa l’una nell’altra. Inevitabile, ineluttabile, inarrestabile. E non sono riuscita ad avvisarvi in tempo, dannata vecchiaia, dannata discrezione, dannatissima me…
Sfiorare con le dita il bordo della tazza, cerchi su cerchi su cerchi, fissando un punto lontano senza vederlo, senza riuscire a fermare la corsa degli astri al disastro.
Fermatevi finché siete in tempo, fermatevi entrambi. Ponete fine all’amore che nasce, soffocate gli slanci, i sorrisi a metà che cercano lo sguardo nascosto dell’altro, confidate nella severità del tempo e lasciate stare, perdio, lasciate perdere tutto. Perdetevi ora, che non è ancora tardi. Forse.
Su, nella stanza chiusa a doppia mandata c’è lei, che non vi lascerà mai andare. Su, nella stanza chiusa a doppia mandata ci sono tutti gli errori e le pene. Su, nella stanza chiusa a doppia mandata, sbrindellata, arruffata e incosciente, ci sono tutte le colpe. Nascoste, richiuse, sepolte dietro la finestra sbarrata con assi e con chiodi pesanti.
Su, nella stanza chiusa a doppia mandata, c’è il nulla che tutto inghiotte, c’è l’inverno infinito raggomitolato sul pavimento che si dondola e non si lascia nemmeno pettinare i capelli. Povero cerbiatto sporco, dagli occhi vuoti e le gambe rese storpie dalla follia. Povero essere rinchiuso per non nuocere, sorvegliato per non nuocersi, misero pegno per un contratto da trentamila sterline.
Come potete, padrone, cugino, ignorare la follia che abita qui, in questa casa? Come potete far questo? Come potete pensare che io non sappia quello che accade? Eppure, devo tacere e passare le dita sul bordo freddo di una tazza di porcellana guardando, senza vederla, la sera che scende.
Signorina, scappate veloce come una lepre sul prato rincorsa dai cani. Correte più forte e non vi fermate, anche se il fiato vi spezza i polmoni. Correte senza ascoltare i richiami e i pianti, correte lontana, non ascoltate il cuore o l’istinto. Correte via, scappate. Salvatevi.
Io resterò qui, seduta a guardare il bosco oltre il prato e il torrente e il ponte, rassettando le stanze e facendo entrare la luce del giorno. Resterò io a vegliare che la donna arruffata nella stanza chiusa a doppia mandata non esca e rimanga segreta al resto del mondo: anche a voi.
Leggi anche Bertha Antonietta Manson, in Rochester.
Il libro…
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Titolo: Jane Eyre
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Autrice: Charlotte Brontë
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Prima edizione: 1847
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