
SevenStories
Poker Face
In 1 Marzo 2023 da Debora BorgognoniIl racconto vincitore di SevenStories – Poker
di Massimo Coccia
La leggenda di Poker cominciò un mattino torrido di fine luglio, in una stanza in affitto su un isolotto greco. All’epoca, Poker si chiamava Vito, un ragazzo poco più che ventenne in vacanza con amici. Non giocava a poker e ne conosceva a malapena le regole.
Dopo una serata ad alto tasso alcolico, Vito e i suoi amici giacevano nei loro letti in una stanza spoglia e caldissima. Vito si svegliò, interrompendo quel supplizio che è il sonno dopo una notte di bagordi, con la gola arsa e la testa leggera e pesante assieme. Si guardò in giro ma l’acqua era finita e quel rivolo rugginoso che usciva dal lavandino non lo voleva prendere in considerazione. Prese a scuotere la spalla di Michele: «È finita l’acqua, vado a comprarla. Che dici, sembra un costume?».
Michele guardò con mezzo occhio Vito: torso nudo ricoperto da uno spesso vello nero e riccio, ciabatte di gomma e dei boxer in tela, bianchi con stampati dei poker d’assi, brutti ma soprattutto larghi, stazzonati e sfibrati e che perciò lasciavano una vista ampia e comoda sulle importanti pudenda di Vito.
Pur tra i fumi dell’alcol, Michele non perse l’occasione: «Sì Vito, sembra proprio un costume, vai tranquillo».
Si rimise a dormire col sorriso in faccia, immaginandosi il suo amico ciondolare per il paese.
Vito uscì, notando che gli sguardi dei passanti indugiavano su di lui. Purtroppo per lui, uno degli sguardi era di un poliziotto che non si limitò a indugiare.
Toc, toc.
Michele trasalì, stava sognando di annaspare in mare con Vito che accorreva su una barchetta di carta fatta da un enorme asso di quadri.
Barcollò verso la porta e aprì. Vito, gonadi al vento, a braccetto con un poliziotto dall’aria non particolarmente divertita.
«È suo questo?».
«Sì».
«Contento lei…».
Il poliziotto spinse dentro Vito, che già sogghignava.
«Ti saluto, Poker. Mi raccomando, tieni il tuo asso nella manica».
Il poliziotto si allontanò. Scoppiammo a ridere, mentre Poker mi tempestava le spalle di cazzotti.
«Poker?».
«Le mutande».
«Eh, già… ma come hai fatto a passarla liscia?».
«Ho bluffato».
«Con quella faccia puoi fregare tutti… ci hai mai pensato?».
«A cosa?».
«A giocare a poker».
«Dai, sai anche tu che la mia carriera è l’hard… mi hai appena mandato in giro con l’attrezzatura in vista e guarda che è successo…».
«Per il porno c’è tempo», sentenziò Michele.
Vito si convinse. Innanzitutto ad abbandonare l’idea del porno, e a studiare il poker. Giocò qualche partita, online, perdendo malamente. Ma online la faccia da poker non rende, si sa. Doveva provare dal vivo.
L’occasione arrivò presto con un torneo a una trentina di chilometri di distanza da casa. Non andò benissimo, ma servì a ingranare.
Poker piano piano cominciò a vincere. Non cifre enormi, ma quanto bastava per diventare famoso in paese, anche grazie all’acquisto di una macchina sportiva su cui Poker applicò uno sticker coi quattro assi.
«Allora, Poker? Come ti gira?, chiese Michele a Vito incrociandolo al bar in piazza.
«Non male, direi. Si campa. Alla fine il poker è facile, quando non sai che fare, bluffi».
«E il bluff paga?».
«Con questa faccia poi…». Vito assunse un’espressione impassibile, ma ammiccò con le sopracciglia. I due scoppiarono a ridere.
«Grande Poker, alla salute».
Girò bene per un po’. Poker frequentava sempre meno il paese, preso dai tornei e da qualche pausa rilassante tra uno e l’altro. Un giorno poi decise per il salto. L’H.O.R.S.E., il più importante torneo americano, 40.000 dollari di iscrizione.
Poker bluffò.
«All in».
«Vedo».
Era finita. Il bluff non aveva pagato.
Poker sparì per qualche tempo, girava voce che non se la passasse benissimo e che aveva venduto la sua macchina sportiva.
Poi un giorno eccolo, maglietta bianca, jeans e la sua espressione canzonatoria.
«Poker! Ciao! Ma che fine avevi fatto?».
«Ciao, Miché. Sono Vito, non Poker. Poker non c’è più».
«Sì, girava voce che fosse così… Mi spiace, davvero».
«Va così. Il bluff non paga sempre, pare…».
«E che combini ora? Che fai?».
«Beh… lo sai».
«No, dai, davvero? Il porno?».
«In amore non si bluffa…».
VINCITORE
Massimo Coccia
TITOLO
Poker Face
La motivazione della Giuria è la seguente:
Un incipit con frase presentativa, come nelle favole; una narrazione sospesa dove i personaggi sono sfuggenti, ricondotta però al concreto con uno scarno dialogo; una sorta di antonimia basata sul continuo rimando gioco e amore, a cui potremmo anche apporre l’etichetta di inversione. Il poker non è forse questo? Gioco di specchi, di nascondigli, di rincorse, di illusione.
Biografia dell’Autore in un Tweet:
Ingegnere, milanese, 52 anni. Scrivo per piacere, in italiano e in milanese. Burbero il giusto, asociale l’ingiusto, e sarcastico, troppo.
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