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Manhattan
In 21 Dicembre 2020 da Debora BorgognoniCosa diresti a un nevrotico che vuole complicarsi la vita? Non è semplice, in effetti. Bisogna essere ottimistici.
Per cosa vale la pena vivere? E subito ci vengono in mente mille cose tutte nostre, che al nevrotico poco serviranno, e che anzi, gli faranno venire maggiormente la nevrosi ad ascoltarle. Ma Woody Allen ci prova comunque.
L’idea per un racconto sulla gente malata, che si crea costantemente dei problemi veramente inutili e nevrotici perché questo le impedisce di occuparsi dei più insolubili e terrificanti problemi universali.
Be’, deve essere ottimistico. Perché vale la pena di vivere? È un’ottima domanda. Be’, ci sono certe cose per cui vale la pena di vivere. Per esempio, per me… Io direi: il vecchio Groucho Marx tanto per dirne una, e Joe Di Maggio e… il secondo movimento della sinfonia Jupiter; Louis Armstrong, l’incisione Potato Head Blues… i film svedesi, naturalmente… L’educazione sentimentale di Flaubert; Marlon Brando, Frank Sinatra; quelle incredibili mele e pere dipinte da Cézanne; i granchi da Sam Wo, il viso di Tracy… il viso di Tracy.
In questo incredibile film-dichiarazione d’amore alla sua città, il regista gioca con una serie di tecniche cinematografiche e di narrazione per dare contorno a un’altra dichiarazione d’amore, quella per Tracy.
Il bianco e nero di Gordon Willis diventa quindi eternità; la musica di George Gershwin, quella malinconia che connota sempre l’amore, una tribolazione magica e onirica; i piani sequenza, la soggettiva, il carrello laterale sono una certa intimità, perché ci dicono che noi siamo lì, siamo loro, siamo innamorati.
E così, ciò che vale nella vita non ha risposta, seppur la risposta risulta universale: l’amore. Ma l’amore è complicato, al limite delle vigliaccherie, e diventa uno specchio del nostro narcisismo. Il viso di Tracy, in fondo, è il viso di una diciassettenne, bello e immacolato. Il viso di Tracy non è Tracy. Ce lo spiega Fabio Fulfaro in una recensione per SentieriSelvaggi: «La grandezza del film, che raggiungerà giustamente col tempo lo statuto di “classico”, sta proprio nell’avere denudato in anticipo la maschera clownesca di una generazione profondamente triste, cinica e così disillusa da non avere più “fiducia nella gente”».
Manhattan di Woody Allen è un film del 1979 con Woody Allen, Diane Keaton, Mariel Hemingway, Meryl Streep, Michael Murphy.
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