
Appunti di viaggio . IRA
Parigi, bon voyage
In 22 Ottobre 2021 da Debora BorgognoniLES RUES DE JIM MORRISON
L’8 dicembre 1970, nel giorno del suo ventisettesimo compleanno, aveva registrato a Los Angeles il suo ultimo disco. Da solo, senza band. Era chiaro fosse un disco di addio. Rinascita e addio, si può dire. Ma giudicare col senno di poi è semplice, e in questa storia di semplice non c’è nulla, e forse il mistero fa vivere il mito.
Aveva preso un aereo per Parigi e aveva salutato Ray, Robbie e John con “Bon voyage”. Doveva raggiungere Pamela, già a Parigi da qualche mese. Si era sbarbato, era tornato ragazzo, Pamela si era rinnamorata di lui, e aveva iniziato a vivere da parigino, nella Ville Lumière. Dove è morto, dove è rimasto leggenda.
La Parigi post Covid è un felice racconto di viaggio. Credo di non aver mai percepito una così grande voglia di vivere tra i parigini. Ora sono simpatici, gentilissimi, euforici. È persino sparito dall’angolo della bocca, e di questo un po’ mi dispiaccio, lo sbuffo che conclude ogni frase e trascina la parola in una lunga vocale. Perché ora le labbra sono aperte, sorridenti. E allora, con ritrovata meraviglia, ho trascorso il mio quarantunesimo compleanno sulle tracce di Jim. Un omaggio a lui, a me, alla mia Parigi allegra e magnificamente autunnale.
Ore 9.00 – Dopo una primissima capatina al 15 di Rue Delambre, davanti a quello che oggi si chiama Hôtel Lennox Montparnasse ma che prima era il famoso Hôtel des Ecoles, residenza di Man Ray alla stanza 37 nella quale scoprì le rayografie, cammino per 1,7 km costeggiando le Jardin du Luxembourg, per raggiungere la prima tappa del percorso: Le Café de Flore. Era il preferito di Pam, e qui si sedevano per un petit-déjeuner, o per il pranzo. È rimasto uno dei café più raffinati e storici i Parigi, tappa obbligatoria per i turisti. Se non vi trovate nel VI arrondissement e volete prendere le métro, scendete a Saint-Germain-des-Prés e lo trovate di fianco a Louis Vuitton, che costeggia Rue Saint-Benoît. Sedetevi a uno dei tavolini frontali a Boulevard Saint-Germain, e ordinate un caffè e un assaggio di dolci con torta del giorno e pasticcini. Pagherete 15 euro, non spaventatevi, e visto il prezzo vale la pena fotografare e postare tutto su Instagram, taggando il café, che è molto attivo con stories, post e repost (@lecafedeflore). Ogni anno il café ospita il Prix de Flore, che premia uno scrittore emergente di talento.
Ore 9.45 – A 40 metri dal Café de Flore c’è il suo competitor, Les Deux Magots. Sembrano café gemelli, a dirla tutta, eppure questo era il preferito di Jim. Le poltroncine e i tavolini di questo locale hanno visto personaggi illustri. Man Ray, Simone de Beauvoir, Picasso, Fernand Léger, Umberto Eco. E prima ancora, Arthur Rimbaud e Paul Verlaine, che qui bevevano assenzio. Anche oggi, artisti, vip e politici frequentano il café e bevono la cioccolata alla vecchia maniera. Date un’occhiata al sito web, racconta la sua storia e molto altro.
Ore 10.30 – Percorrendo Bd Saint-Germain verso Place d’Acadie, prendo Rue de Buci e mi infilo in Rue de la Seine. Ho camminato per 450 m, circa sei minuti. Al civico 57 mi trovo davanti a un portone blu, chiuso, con un nome ben inciso: Henri Diéval, Maître imprimeur. Già sede dell’Hôtel du Maroc dove Baudelaire visse dal maggio 1854 al marzo 1855, qui un vecchio campo da tennis fu trasformato in laboratorio di stampa-litografia da Joseph-Rose Lemercier. Il nipote Alfred gli successe nel 1887 alla guida dell’Imprimerie Lemercier. Nella notte tra il 2 e il 3 luglio 1971, quando Jim muore, era già il Rock’n’ Roll Circus. Nel 1972 diventa Whiskey à gogo, in seguito ribattezzato WAGG, con l’ingresso al 62 di Rue Mazarine, dove oggi si trova l’elegante ristorante Alcazar.
Spio dentro la piccola apertura del portone, l’ho visto nelle foto dell’epoca, questo palazzo che ha vissuto una sua incredibile storia di personaggi e mestieri. So che è collegato al locale di Rue Mazarine per mezzo di un corridoio, e vorrei così tanto essere catapultata nel 1971, sentire la musica che rimbomba, vedere le facce dei parigini in cerca di autografi, e quelle degli americani che tentano di non farsi riconoscere. Una donna apre con la sua chiave, mi chiede se devo entrare. Le dico di sì, grazie. Ho un sussulto. Ci si emoziona per cose semplici, tutto sommato, ma capitemi, oggi è il giorno del mio compleanno, io sono a Parigi, e sto pensando che queste mura hanno impregnati segreti e dolori di vite straordinarie.
Ore 12.15 – Prendo la M7 a Pont Neuf (sono circa 700 m) verso Villejuif e mi fermo a due fermate, a Pont Marie. Sono nel Marais, IV arrondissement. Cammino per 300 m ed entro nell’Île Saint-Louis. Al 17 di Quai d’Anjou si trova il palazzo che ha ospitato lo storico Hôtel de Lauzun.
Tocco questa tappa fuori programma perché improvvisamente immagino che Jim abbia visitato più volte questo luogo, affascinato, come me e come tutti i poeti, dalla storia del mitico Club des Hashischins.
Ore 12.45 – dopo aver comprato una baguette e una tarte tatin in una boulangerie frequentata da studenti di arte, cammino fino a Place des Vosges. Prendo Rue de Birague, attraverso Rue de Saint-Antoine e mi infilo in Rue de Beautreillis. Sono quattro minuti di camminata. Al civico 17 guardo il palazzo dove Jim ha vissuto i suoi ultimi mesi insieme a Pam.
Ore 15.30 – Vale la pena fermarsi nel Marais per qualche ora, entrare in una libreria, frugare tra i CD usati, leggere poesie, camminare qua e là tra il III e il IV arrondissement. Fermatevi in un salon de thè, per esempio al T’Cup di Rue des Minimes, dove fanno il tè des amants al sentore di cannella, che è un’esperienza mistica. Fatelo, perché l’ultima tappa di questo viaggio sulle tracce di Jim prevede Père Lachaise, che chiamarlo cimitero è riduttivo e persino illegittimo. I viali, autunnali, freddi, poetici, sono una camminata nella storia della letteratura e dell’arte. La tomba di Jim è spoglia ma presenta l’eterna immensa scritta: Fedele ai suoi demoni.
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