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Storia di primi letterari
In 19 Settembre 2021 da Debora BorgognoniALICE SENZA NIENTE E IL LITBLOG
Siamo un blog letterario: siamo quindi anacronistici?
Quando hanno cominciato a prendere piede, questi si chiamavano LitBlog e sostituivano in parte le riviste di settore e militanti, oppure erano l’emanazione di esse. Ora la funzione del blog letterario si è via via ridimensionata. I blog culturali parlano un linguaggio comprensibile, sono di ampia portata, e promuovono le recensioni ai libri per acquisire popolarità e autorevolezza. Spesso però sono gestiti da singoli amministratori, che hanno solo la passione per la lettura, senza detenere le competenze critiche.
Prima che i social media permeassero (o saturassero?) la comunicazione, prima quindi che il vero web 2.0 raggiungesse il grado di maturità, i blog venivano utilizzati ben volentieri dagli autori emergenti. Non c’era aspirante scrittore che non ne gestisse uno personale. Bisogna pensare che il social network più popolare in termini di utenti iscritti, Facebook, è stato aperto al pubblico nel 2006, ma solo nel 2008 ha cominciato a registrare un boom di presenze in Italia (fonte: Wikipedia).
Per lo scrittore emergente, il blog, rispetto al social network, presentava degli oggettivi vantaggi. Prima di tutto era pressoché azzerato il rumore di fondo, tipico invece di un social generalista. In secondo luogo il gestore del blog sceglieva il suo personale stile. Questo significa che lo scrittore non era obbligato ad adeguarsi al linguaggio del mezzo. Twitter, per esempio, consente post di duecentottanta caratteri spazi inclusi, ed è forse il social media con le maggiori restrizioni. Ma si pensi anche a Facebook, che seppure non pone limiti di lunghezza dei post, presenta implicite regole di osservanza per far parte della community. È, per esempio, severo nell’uso delle immagini di nudismo (anche se artistiche: molti casi hanno destato non poche perplessità tra gli utenti, vedi la foto Premio Pulitzer della cosiddetta “bambina del napalm”), e in generale “chiede” di raccogliere like e condivisioni, tanto che organizza la timeline basandosi proprio sulla popolarità dei post. In questo senso, quindi, un blog diventa una nicchia pubblica che colleziona solo fan interessati all’argomento. Ma è “orizzontale” quanto basta per definirla, mutuando una frase di una delle prime blogger del mondo, Rebecca Blood, «una chiacchierata da bar in forma scritta, con i necessari riferimenti».
Parlo al passato solo per una questione di evidenze numeriche. Seppure la presenza dei weblog sia ancora piuttosto alta (i dati del 2013, ultimi reperibili, indicano l’attività di 156 milioni di blog nel mondo e di 500.000 in Italia), oggi sono diventati, sì, alquanto anacronistici.
Il 28 ottobre 2010, giorno di uscita del romanzo in e-book gratuito Alice senza niente, il blog svolge ancora un’importante funzione di marketing.
Pietro De Viola, l’autore che si paleserà come tale solo dopo una suspense di qualche mese, è un aspirante scrittore, trentenne e precario, parte di quella generazione TQ (trentaquarantenni) richiamata poi da Daniele Giglioli nel saggio Senza trauma del 2011.
Da agosto 2010 in poi presenta la protagonista del romanzo, Alice, a piccole dosi, lasciando nel potenziale lettore l’equivoco sull’identità della stessa. Nessuno capisce, infatti, che Alice non è una donna reale, che dietro quei pensieri quotidiani scritti sulle pagine virtuali di un blog che prende il suo nome, esiste invece un uomo che muove i fili della curiosità. De Viola, prima dell’ ottobre 2010, pubblica una pagina Facebook che collega al blog, un booktrailer tramite YouTube, un account Twitter e vari comunicati stampa, e il tutto spinge una comunicazione che porta Alice senza niente a una straordinaria indicizzazione. Già a settembre 2010 cercando su Google la stringa “ebook gratuito”, il romanzo compare alla prima voce, e successivamente viene definito «primo fenomeno e caso letterario per un ebook in Italia» (in versione elettronica viene scaricato da almeno 30.000 utenti in un anno), tanto che da gratuito e autopubblicato, il libro diventa cartaceo e edito dalla casa editrice Terre di mezzo, con l’unica modifica della copertina.
Le tematiche insite in Alice senza niente compongono certamente buona parte del successo del romanzo.
Alice è una trentenne laureata in Scienze Politiche e Sociali con alle spalle cinque anni di umilianti colloqui di lavoro e altrettanti rifiuti. Non mancano le riflessioni sulla società dei TQ prima menzionati: il precariato, la rassegnazione nei confronti del futuro, quella sorta di cinismo di facciata che ha lo scopo di sdrammatizzare il rigetto, se non l’abuso, del mondo di professionisti realizzati verso quello delle nuove leve, cosicché diventa netta la linea di confine tra il “noi” e il “voi” in una società che non offre molto altro che categorie sbilanciate.
So bene che negarsi al citofono o non rispondere al cellulare è un’enorme vigliaccata. Ma dobbiamo cancellare questi schemi mentali e inventarcene di nuovi, se ci interessa la nostra sopravvivenza. Tutti i comportamenti educati, le buone maniere, il rispetto sempre e comunque, sono serviti a tenere in piedi una società che oggi caccia via i suoi figli senza svezzamento, abbandonandoli in un bosco a cullarsi al suono di una cantilena che ripete arràngiati.
Nonostante questo passaggio di aperta denuncia, De Viola utilizza un linguaggio sottilmente ironico, allineandosi con lo stile degli anni ‘10: il cinismo di facciata, come l’ho definito poc’anzi. Ma questo cinismo – ne abbiamo avuto prova negli anni a venire – porta al nichilismo verso il mondo reale e sfocia nella ricerca di una realtà alternativa.
Alice senza niente è un primo letterario, rimasto però isolato. De Viola, dopo Alice senza niente, non pubblica mai più romanzi, e, anzi, già dal 2012 il chiacchiericcio si spegne man mano.
Lo scrittore emergente e il blogger letterario sono davvero, anche loro, soggetti precari di un mondo che si sviluppa su più strati e dai fragili equilibri? L’editoria tradizionale è in bilico dai tempi dei blog, e quello di De Viola è un esempio di come anche il self-publishing e l’autopromozione possano escludere la figura dell’editore. E anzi, è poi quest’ultimo a proporsi all’ emergente, quando il rumor intorno al romanzo comincia a farsi evidente.
Del resto, il postmodernismo ci ha insegnato che tutto torna e tutto ha valore sostituendone il contesto. Teniamoci stretti i nostri LitBlog e continuiamo a osservare i primi.
Note: Il romanzo di cui si parla nell’articolo: De Viola, P., Alice senza niente, Milano, Terre di mezzo, 2011 (e-book). Il libro da cui è tratta la discussione critica qui pubblicata è: Borgognoni, D., Lo scrittore emergente in Italia. Analisi di una subcultura nella comunicazione mediale, Padova, Libreria Universitaria Edizioni, 2017.
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