Le opinioni superbe . SUPERBIA
Maigret visto oggi con qualche ricordo di ieri
In 1 Ottobre 2023 da Fabio MuzzioCapita di avere l’occasione di recuperare produzioni storiche della nostra televisione, quando le serie tv si chiamavano ancora sceneggiati.
Il Commissario Maigret è una tra queste ed è anche un tuffo nei ricordi personali, nei racconti di chi ti ha passato la passione per il teatro, per la recitazione trasmessa in tv e che ti parlava di grandi attori purtroppo quasi tutti dimenticati.
Il personaggio di Jules Amédée François Maigret, nato dalla penna dello scrittore belga Georges Joseph Christian Simenon, è stato interpretato da diversi attori, anche molto importanti e diversissimi tra loro, per esempio Jean Gabin e Rowan Atkinson, e le inchieste sono state portate sia al cinema che in tv.
Io, invece, mi sono ripreso e gustato, con gli occhi dell’oggi, la versione nella quale il protagonista è il “nostro” Gino Cervi. Undici dei settantacinque romanzi sono diventati quattro stagioni e trentacinque puntate comprese dal 1964 al 1972 firmate da Mario Landi dal titolo Le inchieste del Commissario Maigret e Le nuove inchieste del Commissario Maigret riscontrando un successo straordinario, quando la tv era ancora in bianco e nero e i canali pubblici erano solo due. Ci sarà anche una versione cinematografica nel 1966, Maigret a Pigalle, meno rilevante rispetto alla tv. Le recensioni cartacee e poi digitali che hanno analizzato, raccontato, criticato questa produzione sono davvero numerose e se rimanessi sul loro solco scriverei solo una ripetizione inutile di quanto detto da altri. Ho preferito quindi concentrarmi su alcuni dettagli visti anche un po’ con gli occhi di oggi.
Intanto il rapporto tra i coniugi Maigret: è risaputo, ed è uno dei punti dell’originalità narrative, il fatto che Jules chiami la moglie non Louise (nata Leonard) ma Signora Maigret, interpretata in questa versione da una Andreina Pagnani meravigliosa; e lei ricambia chiamando il marito “Maigret”; ma il punto sul quale voglio portarvi è altro: i letti in camera sono singoli e separati e non si va mai oltre a qualche sporadico bacio sempre sulla guancia; la Signora Maigret, poi, è una moglie totalmente al servizio del marito: non si lamenta mai, lo attende con molta pazienza seduta in salotto, cucina per lui, si alza da tavola se squilla il telefono oppure suonano alla porta. Un ruolo di filtro ma soprattutto di casalinga che oggi sarebbe probabilmente rivisto e che potrebbe apparire fuori dal tempo. Non manca un passaggio particolare ed emblematico: “eravamo tre sorelle, figlie del farmacista di Bergerac e io lavoravo in farmacia, poi, sposandomi…”. In fondo i coniugi sembrano più fratello e sorella che coppia e nella versione televisiva italiana non viene fatto cenno alla bambina persa da Louise nei primi anni di matrimonio; l’unico momento materno si ha solo quando sembrerebbe auspicabile prendersi cura insieme di un bambino in pericolo. Lo sporadico, per così dire, sussulto di coppia si ha ne L’innamorato della signora Maigret, quando Louise scherza sullo sconosciuto tutti i giorni seduto sulla panchina del parco sotto casa a suo dire lì per lei ma Jules non va oltre qualche battuta dalla quale non traspare nemmeno un filo di gelosia, tanto l’indagine finirà per svelare ben altro mistero.
Quando poi si profilerà la pensione e la proposta del Commissario di abbandonare l’adorata Parigi e l’appartamento al 132 di boulevard Richard-Lenoir per una casa in campagna, la decisione sarà senza molte obiezioni e pienamente accettata come scelta logica da cui non si può sfuggire, perché sarebbe inutile alla luce delle capacità persuasive del grande commissario.
Maigret, che non ha mai avuto un’automobile, è corpulento nel fisico e burbero nel carattere, alza la voce e non disdegna di battere il pugno sulla scrivania ma scinde il criminale con un suo codice d’onore, con il quale diventa quasi amico o comunque rispetta, da uno che commette un reato vigliacco o cruento. Ama la cucina, soprattutto quella casalinga e i piatti che gli prepara la sua Signora, quando riesce a tornare a casa; ha la predilezione per il pollo al vino, la zuppa di cipolle e non disdegna il boccale di birra, quello da un litro; e che dire poi del calvados, a cui difficilmente resiste, consumato nei bistrot e nei caffé dove pone domande, osserva i clienti o si intrattiene magari seduto a un tavolino per ore e mettere così pressione psicologica nei confronti del sospettato. Gino Cervi lo incarna, lo disse Simenon, con molta efficacia, forse il migliore di tutti fino ad allora, e il mio occhio ci ha visto anche qualche tratto del Giuseppe “Peppone” Bottazzi, interpretato proprio in quegli anni, che si infiamma facilmente ma il “cuore” lo tiene il più possibile nascosto fino a quando non serve.
La dinamica investigativa del ragionamento, l’osservazione del dettaglio, lo studio della comunicazione non verbale, la capacità di entrare nella psicologia altrui si saldano con la ruvidezza dell’agire, aspetti che vengono completati da Simenon con l’immancabile pipa e il Borsalino fedora sia esso in versione invernale che estiva (in una sola occasione compare la bombetta); l’interlocutore ideale del Commissario è la portinaia: acuta osservatrice, pettegola per mestiere ma sempre attenta a tutelare i condomini di cui sa tutto e non può che essere l’informatrice ideale e talvolta la cuoca per un pranzo a cui non si resiste. I fatti cruenti, la malavita organizzata, la prostituzione, i locali notturni, la violenza gratuita, i rampolli allo sbaraglio per colpa di padri troppo autoritari o troppo impegnati negli affari, non mancano di certo, seppur risultino più sfumati e lasciati un po’ all’intuizione nelle prime stagioni e più evidenti nell’ultima, che già appartiene agli anni Settanta: siamo sempre in una RAI nella quale “in seno alla Commissione” e “membro del Parlamento” sono ancora frasi tabù.
Le sequenze del girato, con il passare degli anni, vuoi per il miglioramento tecnico che probabilmente per il budget, risultano meno statiche e dallo stile teatrale e diventano più dinamiche e in esterno, con riprese di azione non più solo in luoghi chiusi o strade ricostruite negli studi ma girate direttamente a Parigi, che nell’ultima stagione è maggiormente protagonista con i suoi viali, i monumenti, la Senna, la Tour Eiffel tutti in bella mostra: per chi ama quelle atmosfere, ancora in bianco e nero, sono una “fotografia” dell’epoca.
Il gruppo storico di investigatori che accompagnano Maigret (Lucas, Torrence, Janvier e Lapointe) si rivolge a lui sempre con il “voi”, non solo peculiare della lingua francese ma ancora diffuso da noi negli anni Sessanta; passerà al “lei” nelle ultime stagioni: come costante rimangono rimproveri mai confutati, per rispetto e per il carisma del grande Commissario.
A loro si aggiungono anche diversi interpreti o già famosi oppure che avrebbero caratterizzato gli anni successivi sul piccolo e grande schermo con la partecipazione spesso solo a una storia. Una ricerca veloce vi può offrire un elenco sterminato di cui cito solo, per esempio, Franco Volpi, Arnoldo Foà, Andrea Checchi, Giusi Raspani Dandolo, Ugo Pagliai, Marisa Merlini ma preferisco approfondirne altri, perché mi hanno, per così dire, sorpreso.
Troviamo, per esempio Marina Morgan, una delle protagoniste della lunga stagione delle “Signorine buonasera” e inserita nel cast della puntata L’ombra cinese e La chiusa rispettivamente nel ruolo di una proprietaria del bar e di una segretaria; Morgan, che prima di diventare annunciatrice era stata appunto attrice, la ritroveremo anche nel cast di Il compagno don Camillo del 1965 nel ruolo di Irma Bagón, la giostraia che fa perdere la testa al Sindaco Bottazzi e che diviene motivo del ricatto per il viaggio in Russia del parroco. Proprio nello stesso film c’è Gianni Garko il “compagno inviato dal partito” Nanni Scamoggia sempre inserito sempre nell’episodio L’ombra cinese nel ruolo del controverso e tormentato Roger Couchet.
E che dire di una sedicenne Loretta Goggi nel ruolo di Francine nell’episodio Non si uccidono così i poveri diavoli, oppure Anna Mazzamauro ne La vecchia signora di Bayeux nel ruolo della signora Deligeard silenziosa e complice del misfatto sul quale indaga Maigret.
Angela Luce, artista che passava dalla musica alle produzioni televisive, dal cinema al teatro, è Emilie, la proprietaria della Croix Blanche Hotel, ristorante caffé dove Maigret trascorre la convalescenza dopo essere stato ferito nell’episodio Il pazzo di Bergerac del 1972: lei cerca di distrarlo con manicaretti e le sue forme, che non passano inosservate, affinché non vada troppo a fondo nei segreti di provincia. Proprio nel medesimo episodio compare anche Leopoldo Mastelloni, un giovane testimone etichettato come “un povero deficiente epilettico” frase che oggi non credo verrebbe inserita in sceneggiatura.
Chiudo con Gian Maria Volonté nel ruolo di Radek in Una vita in gioco: personaggio fuori dalle righe, enigmatico, davvero particolare, molto nelle corde per uno dei più straordinari attori italiani; Volonté nello stesso anno delle riprese, 1964, è Ramon in Per un pugno di dollari e stava per intraprendere la parte più straordinaria della sua carriera. Il confronto con Maigret, anzi Volonté/Cervi è davvero meraviglioso anche dal punto di vista generazionale.
E proprio Radek mi conduce verso la parte finale di questa analisi e con molte suggestioni che rimarranno nella tastiera; mi riferisco a un altro grande: Andrea Camilleri. È risaputo che sia stato delegato alla produzione di una parte consistente delle quattro stagioni firmate dalla RAI; e non è nemmeno alieno il fatto che Simenon fosse così amato dallo scrittore (e non solo) siciliano. E proprio la letteratura poi diventata televisiva dedicata a Salvo Montalbano ci riportano a Maigret: la fisicità, il carattere così simile, il metodo di investigazione, il rapporto non sempre facile con i superiori, il confronto con la parte più popolare della società come fonte privilegiata, l’amore per la cucina ma anche proprio in alcuni aspetti: per esempio Radek appena citato, l’ho visto molto simile, per il senso di confronto e di sfida, a un ben peggiore Alfredo Pezzella ne La caccia al tesoro, episodio nel quale proprio Montalbano sfoglia un romanzo di Simenon. E se Jules ama aprire la finestra e spalancarla sul suo angolo di Parigi, Salvo lo fa per guardare il mare di Marinella.
Un‘occhiata anche alle sigle: nella prima stagione quella di apertura e chiusura è Le mal de Paris interpretata da Mouloudji; nella seconda stagione è Luigi Tenco a interpretare le canzone in versione francese Le temps file ses jours in apertura e la versione italiana Un giorno dopo l‘altro in chiusura; nella terza stagione la sigla è quella finale Frin, Frin, Frin cantata da Tony Renis; nell’ultima stagione le puntate si aprono e si chiudono con Il respiro di Parigi e Se non ci sei tu entrambe cantate da Amanda, che compare anche come cantante di night in Maigret va in pensione.
Prima della citazione finale e dell’ultima curiosità un omaggio parziale ai doppiatori: tra gli attori, che si sono dedicati anche a questa arte, ne segnalo due: Oreste Lionello è per cinque volte il dottor Moers, il capo della sezione scientifica della polizia giudiziaria, mentre Anna Miserocchi è la Signora Martin ne L’ombra cinese.
Chiudo con quelle che ho trovato essere due curiosità: la prima ne L’affare Picpus, la Signora Maigret, nel sottolineare quanto il marito sia famoso e il Commissario sia davvero un mito a Parigi, gli ricorda che è stato scritto un nuovo romanzo su di lui intitolato “Maigret sbaglia“:
Devo tirare le orecchie al mio amico Simenon
risponde sornione il Commissario.
La seconda, invece, è che in tutti gli episodi c’è solo una parolaccia:
Ho orrore di questi minchioni
dirà il nostro in Maigret va in pensione.
(ADV)
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