CattiviConsigli . IRA
Per sé e per i suoi – puntata I
In 4 Agosto 2023 da Gianluca PapadiaRiposare in pace all’ombra della speculazione edilizia cimiteriale
Oggi, dopo vent’anni, sfidando l’allerta meteo per temperature sopra i quaranta gradi, ho deciso di andare al cimitero a trovare i miei nonni.
È da un po’ di tempo che mia moglie mi aveva messo questo tarlo nel cervello: «Stanno succedendo cose strane al cimitero. Da quando hanno fatto i lavori di ampliamento, la gente non riesce a trovare più i propri cari».
E così, spinto dalla voce del mio instancabile grillo parlante, nel venerdì di luglio più caldo della storia, eccomi aggirare tra le tombe dei defunti dei miei concittadini.
Il silenzio è uguale a quello di vent’anni prima e, visto il caldo, sono praticamente uno dei pochi presenti che si aggira tra le sepolture.
Effettivamente, in vent’anni qui dentro è cambiato tutto: al posto dei viali alberati sono sorte palazzine di cinque piani da far invidia alla peggiore speculazione edilizia degli anni Ottanta.
Solo la puzza di fiori marci è rimasta la stessa, insieme alle tre o quattro vecchiette che puliscono tombe centenarie.
Grazie alla mia infallibile memoria fotografica, nonostante il cimitero sia un cantiere aperto peggio della Salerno-Reggio Calabria di recente memoria, riesco a ritrovare il posto dove riposano in pace i miei nonni materni.
O meglio, dove riposavano i miei avi, perché, al posto della nicchia di famiglia, ci sono tre loculi vuoti senza foto.
Lo spirito imprenditoriale delle amministrazioni cimiteriali ha partorito un’idea geniale: un loculo rettangolare può contenere ben tre nicchie di forma quadrata.
Geometria elementare applicata agli spazi.
«Scusi, ma che fine ha fatto la nostra nicchia?», chiedo a un addetto alle pulizie che sta spazzando un viale a pochi passi da me.
«Avete chiesto a Procolo?», mi risponde lui.
«Non so chi sia questo Procolo», cerco di spiegare ma non ho nemmeno il tempo di finire la frase che l’uomo inizia a chiamare a voce alta il nome dell’addetto ai loculi.
«Procoloooooo. Procolinoooooo. Procoluccioooooo».
La quiete di quel posto viene violentata dalle grida disumane dello spazzino.
Un paio di vecchiette, che chissà come erano sopravvissute a quest’afa infernale, rischiano un infarto.
Maledico il momento esatto in cui gli ho rivolto la domanda ma proprio mentre cerco di dissuaderlo, un uomo esce da un finestrone posto alla base di una di quelle monumentali cappelle familiari che svettano tra i corridoi di quel labirinto di tombe.
«Procolì, qui c’è un parente che non trova i defunti», dice il folle urlatore allo zombie che è emerso dai sotterranei della cappella.
«Grazie», dico all’uomo che si sta allontanando con il carrello dei rifiuti pieno di erbacce e fiori secchi.
«Com’è che non trovate i vostri parenti?», mi chiede Procolo con un tono molto preoccupato. «Voi siete sicuro che la nicchia sia proprio qui? Vi ricordate il numero?».
«Di cosa?».
«Della nicchia», risponde impaziente l’uomo che ormai mi guarda come se fossi lo smemorato di Collegno. «L’ultima volta che siete venuto dove stavano?».
«Stavano lì al quinto piano, ma non mi ricordo il numero», cerco di scusarmi.
«Come si chiama l’intestatario del loculo?», mi chiede ancora, dopo aver fatto partire una chiamata sul cellulare.
Quando dico il nome di mio nonno, avvicina il microfono del suo telefono alla mia bocca e riprende la conversazione con una sua collega.
«Lotto 1 vescovile, numero 425», mi dice, e indica il punto dove io ero convinto di trovare i miei nonni. «Avevate ragione, la nicchia era proprio lì, al quinto piano», aggiunge con uno sguardo più disteso. Ha capito di non aver a che fare con un pazzo.
«Voi quando siete stato qui l’ultima volta?», domanda ancora.
«Circa vent’anni fa».
«Guardate, noi dobbiamo capire se la vostra nicchia è stata interessata dalla prima fase dei lavori o dalla seconda. Se si tratta dei lavori fatti circa sette anni fa, le ossa sono state messe provvisoriamente nel lotto due, altrimenti stanno al lotto tre. Non potete chiamare i vostri parenti per sapere chi è l’ultimo che è venuto al cimitero?».
Sarà il caldo o la frase di mia moglie “Stanno succedendo cose strane” che mi rimbomba ancor nella testa, ma io non ho capito nulla di quello che mi ha detto l’uomo davanti a me. Lui evidentemente non ha capito le mie difficoltà perché continua a confondermi aggiungendo altri particolari alla già complicata vicenda.
«Comunque, se la memoria non mi inganna, questa parete l’hanno ristrutturata nella prima fase. Sapete però il problema qual è? È che nel frattempo anche nel lotto due sono iniziati i lavori e quindi io adesso, in questa parte del cimitero, non potrei farvi entrare. Ma oggi per fortuna non c’è nessuno».
Procolo mi prende per un braccio e mi trascina verso un cancello chiuso con un enorme catenaccio.
Dopo essersi assicurato che nessuno può vederci, apre il pesante catenaccio e dischiude leggermente il cancello.
Con un rapido movimento della testa mi fa cenno di entrare.
“Stanno succedendo cose strane”, echeggia nella mia testa, mentre varco il cancello del lotto due sprofondando in un buio più asfissiante del caldo esterno.
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