CattiviConsigli . IRA
Per sé e per i suoi – puntata III
In 18 Agosto 2023 da Gianluca PapadiaRiposare in pace all’ombra della speculazione edilizia cimiteriale
Gli uffici della curia non sono tanto lontani dal cimitero.
“Stanno succedendo cose strane” è la melodia che esce dall’autoradio.
Parcheggio l’auto nel cortile antistante agli uffici del vescovo e mi attacco al citofono davanti all’accesso pedonale.
«Chi è?», mi chiede una suora che si è affacciata da una finestra.
«Cerco Procolo».
«Procolo chi?».
«L’addetto al camposanto».
«Sarà al cimitero, perché lo cercate qui?».
«Mi hanno detto che forse è venuto qui».
«Ma oggi gli uffici sono chiusi».
«Come chiusi?».
«L’accesso al pubblico è consentito solo dal lunedì al giovedì, non ha letto il cartello?».
Effettivamente così è scritto sull’avviso affisso sopra al citofono.
«Non sapevo che in Vaticano avessero già adottato la settimana di quattro giorni», urlo alla suora mentre scavalco il cancello. Nella mia mente quella monaca fa parte del diversivo che i servizi segreti israeliani e le guardie svizzere vaticane hanno architettato per coprire il loro piano diabolico di rivendita illegale di nicchie abbandonate.
Lei chiude velocemente la finestra e dopo un attimo apre la porta principale di quel castello pieno di verde con una vista mare mozzafiato. Per essere una suora ha una mobilità da far invidia a 007.
«Giovanotto, cosa la turba così tanto?», mi chiede con un tono assecondante.
«Al cimitero stanno succedendo cose strane. Nessuno sa dove sono finiti i resti dei miei nonni. Sicuramente sono stati persi o chissà cos’altro», le rispondo mentre cerco di capire dove possa essere nascosto l’impiegato del cimitero.
«Ma cosa dice?», mi rassicura lei dopo aver fatto il segno della croce. «Sono emerse delle criticità dovute ai soliti ritardi sui lavori ma le assicuro che tutto si sistemerà».
L’iPhone 14 Pro Max della suora squilla proprio in quel momento. Lei risponde alla chiamata senza proferire parola, ascolta quello che le dice l’interlocutore e chiude la conversazione con il dito indice della mano sinistra.
«TB 135», mi dice fredda con un tono da agente segreto in missione all’estero. «Procolo ha trovato i suoi parenti», aggiunge dopo essersi messa sotto l’uscio della porta. «Torni al cimitero che la stanno aspettando».
Esco da quell’edificio convinto di essere una vittima di un complotto internazionale. Anche il finto elettricista deve far parte del piano: mi ha convinto a venire qui per avere campo libero nel cimitero.
Ripercorro il breve tratto che mi separa del camposanto a tutta velocità.
Procolo mi aspetta proprio sotto alla nicchia dove mi ero fermato stamattina.
«Ma dove siete andato? Vi ho cercato per tutto il cimitero!», afferma con un tono sfacciato che mi fa salire il sangue in testa.
«Mi avevano detto che eravate andato alla curia».
«E a fare cosa? Oggi è giorno di chiusura».
«Dove erano finiti i miei nonni?» incalzo, infastidito.
«Qualche anima buona li avrà rimessi a posto», risponde indicandomi il primo dei tre quadrati ricavato dalla ristrutturazione della nicchia dei miei nonni.
Procolo avvicina alla parete una scala doppia con le ruote al centro e mi fa cenno di salire insieme a lui.
In pochi minuti si sarà procurato delle ossa dalla fossa comune e avrà preparato la scena con l’aiuto del giovane pelato. Stupido io a cascarci!
Saliamo i lati opposti della scala guardandoci fisso negli occhi manco fossimo due cowboy che si sfidano a duello.
Ci ritroviamo entrambi di fronte al loculo “TB 135”, lui estrae dalla tasca una chiave dalla forma strana – sembra davvero una colt – e apre lo sportello di marmo ancora vergine.
All’interno ci sono due lenzuoli sporchi che evidentemente contengono le spoglie dei miei nonni.
Cerco di trattenere le lacrime, di rabbia non certo di commozione. Ce l’ho con Procolo che mi ha fatto passare tutta la mattinata sepolto in una cripta buia mentre qualcuno preparava questa messinscena.
Lui, con tutta la sua flemma, estrae dall’oscurità due foto: la prima, in bianco e nero, ritrae nonno Mario che è morto prima che io fossi nato; la seconda, molto più recente, piena di colori, è quella di nonna Rosa.
Procolo attacca con il nastro adesivo le due foto allo sportello di marmo e inizia a spiegarmi la parte burocratica: «bisogna regolarizzare il contratto. C’è bisogno di specificare un nuovo intestatario visto che vostro nonno non c’è più. Servono le deleghe di tutti gli eredi. Gli zii ancora in vita e tutti i cugini. Quando avrete pagato ciò che vi spetta, tornate da me che vi spiego come funziona per la lapide».
“Stanno succedendo cose strane” canta una vocina nella mia testa sulle musiche di Ennio Morricone e fermo la mano di Procolo che sta per chiudere il loculo.
L’uomo, dopo un attimo di esitazione, scende dalla scala e si accende una sigaretta.
Mi faccio coraggio e mi affaccio nella tomba dei miei presunti parenti. In quei sacchi di stoffa rudimentali potrebbe esserci chiunque.
Incrocio lo sguardo impaziente di Procolo e, come diversivo, bacio le due foto, chiudo gli occhi e fingo di pregare.
Quando però infilo un braccio nella nicchia aperta, lui sale come un pazzo, facendo i gradini due alla volta.
«Ma che volete fare?», urla ad alta voce mentre blocca la mia mano che aveva già afferrato uno dei due sacchi di stoffa.
«Prendere un po’ di materiale per fare un esame del DNA».
«Siete impazzito? È illegale, lasciate subito il sacco con le spoglie».
Procolo mi allontana dal loculo spingendomi con il gomito mentre cerca di richiudere lo sportello di marmo.
«Ho bisogno di sapere», grido disperato mentre con una mano mi aggrappo alla scala e con l’altra non lascio la presa sul lenzuolo funebre che dovrebbe contenere i resti di uno dei miei nonni materni.
Procolo inizia a darmi dei pugni fortissimi sulla mano che stringe i resti e, vedendo che non mollo la presa, sposta la sua attenzione sull’altra mano.
Alcuni elettricisti accorrono sotto la scala richiamati dalle nostre urla.
«Vuole trafugare una salma», grida ancora più forte Procolo.
Il giovane pelato sale dalla mia parte e, quando mi ha raggiunto, cerca anche lui di farmi mollare la presa. Si aggrappa al mio collo e mi tira all’indietro.
Sotto l’attacco di due agenti super allenati non posso far altro che mollare il sacco.
Appena Procolo ha campo libero, richiude il pesante portello di marmo e scende dalla scala privo di forze.
Gli agenti del Mossad travestiti da elettricisti mi staccano dalla scala e mi portano fuori dal cimitero.
Un poliziotto mi obbliga a sedermi nel sedile posteriore della volante che mi aspettava fuori dal cancello.
Il mio cellulare inizia a vibrare.
Il poliziotto che è alla guida dell’auto mi fa cenno dallo specchietto che posso rispondere.
«Pronto?», dico dopo che ho risposto alla chiamata di mio cugino.
«Tua mamma mi ha detto che sei al cimitero. Io ci sono stato circa un anno fa, avevano messo i nostri nonni in una scatola di latta, ho fatto un po’ di casino e li hanno trasferiti nella nuova nicchia. Se non ricordo male, ci sono un po’ di pratiche da sbrigare. Ecco, visto che stai là, non è che ci puoi pensare tu? Sai, stanno succedendo cose strane…», e il mio cellulare si spegne per sempre.
La puntata I la trovi qui
La puntata II la trovi qui
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